Libro fotografico: “Dissolvenze” di Paolo Sollazzo Edizione GRAFFITI
Lo splendido lavoro di Paolo Sollazzo “Dissolvenze” sembra avere origine da una irrefrenabile esigenza dell’artista, da un bisogno immediato e dirompente di mostrare oltre ogni umana comprensione su di un rettangolo, a volte lungo e stretto, il tempo che veloce ci attraversa e vola via. Le 100 fotografie del libro offrono al lettore un percorso di rieducazione alla visione. Un viaggio nella realtà e nel tempo, senza mai veramente spostarsi fisicamente. Non a caso il luogo scelto per questo cammino è Gerusalemme, la città santa, luogo immortale, inizio e fine del viaggio di Sollazzo. Lo sguardo sembra seguire un percorso obbligato, le cui componenti sono: la scansione della visione dell’osservatore, il movimento degli attori che la abitano – i soggetti fotografati -, spesso donne velate, uomini, bambini, e quello in parte imposto dall’autore che con un accorgimento tecnico – un abile movimento ad otturatore aperto – ha sovvertito il naturale senso di lettura dell’immagine che ritrae la persona nel suo passare attraverso il tempo, il suo prima, l’adesso e il suo poi, pochi secondi che si dissolvono l’uno nell’altro e si concentrano nell’immagine centrale, quella che rappresenta l’essere della persona nel mondo. Ogni immagine perciò è indubbiamente una sintesi di una equilibrata sinergica fusione tra movimento del soggetto catturato e scena inquadrata, movimento generato dal fotografo nell’atto dello scatto e senso di lettura dell’osservatore che come sappiamo è soggettivo e culturale. La fotografia appare allora come il risultato di un rapporto tecnoantropologico dove gli attori sono molteplici. La luce, l’occhio, il cervello, i muscoli, i pixel, le lenti, l’otturatore e infine lui l’uomo che al momento dello scatto genererà nuova vita nel sensore, nuove immagini che arricchiranno il nostro quotidiano e ci imporranno almeno una riflessione.